Un Pianeta pulito per tutti (Parte I)
UN PIANETA PULITO PER TUTTI
La politica dell'Unione in materia di ambiente si fonda sui principi della precauzione, dell'azione preventiva e della correzione alla fonte dei danni causati dall'inquinamento, nonché sul principio «chi inquina paga». I programmi pluriennali di azione per l'ambiente definiscono il quadro per l'azione futura in tutti gli ambiti della politica ambientale. Essi sono integrati in strategie orizzontali e sono presi in considerazione nell'ambito dei negoziati internazionali in materia di ambiente. Infine, ma non da ultimo, la loro attuazione è di importanza fondamentale.
La politica dell'Unione in materia di ambiente risale al Consiglio europeo tenutosi a Parigi nel 1972, in occasione del quale i capi di Stato o di governo (sulla scia della prima conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente) hanno dichiarato la necessità di una politica comunitaria in materia di ambiente che accompagni l'espansione economica e hanno chiesto un programma d'azione. L'Atto unico europeo del 1987 ha introdotto un nuovo titolo «Ambiente», che ha costituito la prima base giuridica per una politica ambientale comune finalizzata a salvaguardare la qualità dell'ambiente, proteggere la salute umana e garantire un uso razionale delle risorse naturali. Le successive revisioni dei trattati hanno rafforzato l'impegno della Comunità a favore della tutela ambientale e il ruolo del Parlamento europeo nello sviluppo di una politica in materia. Il trattato di Maastricht (1993) ha fatto dell'ambiente un settore ufficiale della politica dell'UE, introducendo la procedura di codecisione e stabilendo come regola generale il voto a maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Il trattato di Amsterdam (1999) ha stabilito l'obbligo di integrare la tutela ambientale in tutte le politiche settoriali dell'Unione al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Quello di «combattere i cambiamenti climatici» è divenuto un obiettivo specifico con il trattato di Lisbona (2009), così come il perseguimento dello sviluppo sostenibile nelle relazioni con i paesi terzi. La personalità giuridica consentiva ora all'UE di concludere accordi internazionali.
La politica dell'Unione in materia di ambiente si fonda sui principi della precauzione, dell'azione preventiva e della correzione dell'inquinamento alla fonte, nonché sul principio «chi inquina paga». Il principio di precauzione è uno strumento di gestione dei rischi cui è possibile ricorrere in caso d'incertezza scientifica in merito a un rischio presunto per la salute umana o per l'ambiente derivante da una determinata azione o politica. Per esempio, qualora sussistano dubbi in merito all'effetto potenzialmente pericoloso di un prodotto e qualora, in seguito a una valutazione scientifica obiettiva, permanga l'incertezza, può essere impartita l'istruzione di bloccare la distribuzione di tale prodotto o di ritirarlo dal mercato. Tali misure devono essere non discriminatorie e proporzionate e vanno riviste non appena si rendano disponibili maggiori informazioni scientifiche.
Il principio «chi inquina paga» è attuato dalla direttiva sulla responsabilità ambientale, che è finalizzata a prevenire o altrimenti riparare il danno ambientale alle specie e agli habitat naturali protetti, all'acqua e al suolo. Gli operatori che esercitano talune attività professionali quali il trasporto di sostanze pericolose, o attività che comportano lo scarico in acqua, sono tenuti ad adottare misure preventive in caso di minaccia imminente per l'ambiente. Qualora il danno si sia già verificato, essi sono obbligati ad adottare le misure del caso per porvi rimedio e a sostenerne i costi. Il campo di applicazione della direttiva è stato ampliato tre volte per includere rispettivamente la gestione dei rifiuti di estrazione, l'esercizio dei siti di stoccaggio geologico e la sicurezza delle operazioni offshore nel settore degli idrocarburi.
Inoltre, l'integrazione delle istanze ambientali in altri settori della politica dell'UE rappresenta oggi un concetto importante nell'ambito delle politiche europee, sin da quando è emerso per la prima volta da un'iniziativa del Consiglio europeo di Cardiff del 1998. Negli ultimi anni, l'integrazione delle politiche ambientali ha compiuto progressi significativi, ad esempio, nel campo della politica energetica, come evidenziano lo sviluppo parallelo del pacchetto UE in materia di clima ed energia o la tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio entro il 2050.
Dal 1973, la Commissione emana programmi di azione per l'ambiente (PAA) pluriennali che definiscono le proposte legislative e gli obiettivi futuri per la politica ambientale dell'Unione; Nel 2013 il Consiglio e il Parlamento hanno adottato il 7o PAA per il periodo fino al 2020, dal titolo «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta». Esso è basato su varie recenti iniziative strategiche e fissa nove obiettivi prioritari, tra cui: la protezione della natura; una maggiore resilienza ecologica; una crescita sostenibile, efficiente sotto il profilo delle risorse e a basse emissioni di carbonio; nonché la lotta contro le minacce alla salute legate all'ambiente. Il programma sottolinea altresì la necessità di una migliore attuazione del diritto ambientale dell'Unione, di un settore scientifico all'avanguardia, di investimenti e dell'integrazione degli aspetti ambientali nelle altre politiche.
B. Strategie orizzontali
Nel 2001, l'UE ha introdotto la sua strategia per lo sviluppo sostenibile (SSS), integrando in tal modo la precedente strategia di Lisbona per la promozione della crescita e dell'occupazione con una dimensione ambientale. Rinnovata nel 2006 per combinare la dimensione interna e quella internazionale dello sviluppo sostenibile, l'SSS dell'UE riveduta è tesa al costante miglioramento della qualità della vita tramite la promozione della prosperità, la tutela dell'ambiente e la coesione sociale. In linea con questi obiettivi, la strategia Europa 2020 per la crescita è volta a dar vita a una «crescita intelligente, sostenibile e inclusiva». Nell'ambito di tale strategia, «l'iniziativa faro per un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse» indica la via da seguire per garantire una crescita sostenibile e sostiene il passaggio a un'economia efficiente nell'utilizzo delle risorse e a basse emissioni di carbonio. Inoltre, nel 2011, l'UE si è impegnata ad arrestare la perdita di biodiversità e il degrado dei servizi ecosistemici entro il 2020 (strategia UE per la biodiversità).
C. Cooperazione internazionale in materia ambientale
L'UE svolge un ruolo essenziale nei negoziati internazionali in materia di ambiente. Essa è parte di numerosi accordi ambientali a livello mondiale, regionale o subregionale che coprono un'ampia gamma di questioni, quali la protezione della natura e la biodiversità, i cambiamenti climatici e l'inquinamento transfrontaliero dell'aria e dell'acqua. In occasione della 10a conferenza delle parti della convenzione sulla diversità biologica, che si è svolta a Nagoya (Giappone) nel 2010, l'UE ha fornito un contributo significativo alla conclusione di un accordo su una strategia globale per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020. L'Unione ha altresì contribuito a definire diversi importanti accordi internazionali adottati nel 2015 a livello di Nazioni Unite, quali l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (che comprende i 17 obiettivi globali di sviluppo sostenibile (OSS) e i relativi 169 obiettivi associati), l'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e il Quadro di riferimento di Sendai per la riduzione del rischio di catastrofi. Nello stesso anno l'UE ha aderito inoltre alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES)
D. Valutazione dell'impatto ambientale e partecipazione del pubblico
Alcuni progetti (privati o pubblici) che si presume avranno effetti significativi sull'ambiente, ad esempio la costruzione di un'autostrada o di un aeroporto, sono sottoposti a una valutazione dell'impatto ambientale (VIA). Analogamente, una serie di piani e programmi pubblici (riguardanti, ad esempio, la destinazione dei suoli, i trasporti, l'energia, i rifiuti o l'agricoltura) sono sottoposti a un processo simile denominato valutazione ambientale strategica (VAS). In questo contesto, le considerazioni di natura ambientale sono già integrate in fase di pianificazione e le possibili conseguenze sono prese in considerazione prima che un progetto sia approvato o autorizzato, in modo da garantire un elevato livello di protezione ambientale. In entrambi i casi, la consultazione del pubblico costituisce un aspetto essenziale. Questo approccio risale alla convenzione di Århus, un accordo multilaterale in materia ambientale sotto gli auspici della Commissione economica delle Nazioni Unite per l'Europa (UNECE), che è entrato in vigore nel 2001, e di cui l'UE e tutti i suoi Stati membri sono parti contraenti. Esso garantisce ai cittadini tre diritti: la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale, l'accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche (ad esempio sullo stato dell'ambiente o della salute umana, se da esso influenzata) e il diritto all'accesso alla giustizia, qualora gli altri due diritti siano stati violati.
E. Attuazione, applicazione e monitoraggio
Il diritto ambientale dell'Unione viene sviluppato sin dagli anni '70. Alcune centinaia di direttive, regolamenti e decisioni in materia sono oggi in vigore. L'efficacia della politica ambientale dell'Unione europea dipende tuttavia in larga misura dalla sua attuazione a livello nazionale, regionale e locale e il deficit in termini di attuazione e applicazione resta una questione importante. È fondamentale il monitoraggio, sia dello stato dell'ambiente sia del livello di attuazione del diritto ambientale dell'UE.
Un Pianeta pulito per tutti (Parte II)
Per contrastare le enormi disparità tra gli Stati membri per quel che riguarda il livello di attuazione, nel 2001 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato criteri minimi (non vincolanti) per le ispezioni ambientali. Al fine di migliorare l'applicazione del diritto ambientale dell'UE, gli Stati membri devono prevedere sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive per i crimini ambientali più gravi. Tali crimini comprendono, ad esempio: l'immissione o lo scarico illeciti di sostanze nell'aria, nell'acqua o nel suolo; il commercio illegale di specie selvatiche; il commercio illegale di sostanze che riducono lo strato d'ozono; e la spedizione o lo scarico illegali di rifiuti. La rete dell'Unione europea per l'attuazione e il controllo del rispetto del diritto dell'ambiente (IMPEL) è una rete internazionale composta dalle autorità ambientali degli Stati membri dell'UE, dei paesi in via di adesione e dei paesi candidati, nonché della Norvegia, creata per stimolare l'effettiva applicazione mediante la fornitura di una piattaforma che serve ai responsabili politici, agli ispettori ambientali e alle autorità di contrasto per scambiare idee e migliori prassi.
A maggio 2016, la Commissione ha avviato il Riesame dell'attuazione delle politiche ambientali, un nuovo strumento finalizzato al conseguimento della piena attuazione della legislazione ambientale dell'UE, che va di pari passo con il controllo dell'adeguatezza (Programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione - REFIT) degli obblighi di monitoraggio e di comunicazione nell'ambito della legislazione UE in vigore, in modo da renderla più semplice e meno onerosa.
Nel 1990, è stata istituita l'Agenzia europea per l'ambiente (AEA), con sede a Copenaghen, al fine di sostenere lo sviluppo, l'attuazione e la valutazione della politica ambientale e di informare il pubblico su tale argomento. Questa agenzia dell'UE (aperta anche ai paesi terzi) è responsabile della fornitura di informazioni valide e indipendenti sullo stato dell'ambiente e sulle prospettive che si delineano per esso. Pertanto raccoglie, gestisce e analizza i dati e coordina la Rete europea d'informazione e di osservazione in materia ambientale (Eionet). Per assistere i responsabili politici nell'adozione di decisioni informate e nell'elaborazione di normative e politiche ambientali, l'UE gestisce inoltre il programma europeo di monitoraggio della Terra (Copernicus), che si occupa, tra le altre questioni, del territorio, dei mari, dell'atmosfera e dei cambiamenti climatici. Per quanto concerne gli agenti inquinanti rilasciati nell'aria, nell'acqua e nel terreno nonché i trasferimenti fuori sito di rifiuti e di sostanze inquinanti contenute in acque reflue, il Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR) fornisce dati ambientali essenziali provenienti da oltre 30 000 impianti industriali situati nell'Unione come pure in Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Serbia e Svizzera. Il registro è a disposizione del pubblico gratuitamente su Internet.
Il ruolo del Parlamento Europeo
Il Parlamento europeo svolge un ruolo importante nell'elaborazione del diritto ambientale dell'Unione. Nel corso dell'8a legislatura, si è occupato, tra l'altro, della legislazione derivata dal piano d'azione dell'Unione per l'economia circolare (rifiuti, batterie, veicoli fuori uso, discariche, ecc.), e dei problemi connessi ai cambiamenti climatici (ratifica dell'accordo di Parigi, condivisione dello sforzo, contabilizzazione dell'uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e la silvicoltura negli impegni dell'Unione in materia di cambiamenti climatici, riforma dell'ETS, ecc.).
Il Parlamento ha in più occasioni riconosciuto la necessità di una migliore attuazione in quanto priorità essenziale. In una risoluzione su «come trarre il massimo beneficio dalle misure ambientali dell'UE: instaurare la fiducia migliorando le conoscenze e rafforzando la capacità di risposta», il Parlamento ha criticato il livello insoddisfacente di attuazione del diritto ambientale negli Stati membri e ha formulato diverse raccomandazioni volte a garantire un'attuazione più efficace, come ad esempio la divulgazione delle migliori prassi tra gli Stati membri e fra gli enti regionali e locali. Nella sua posizione sull'attuale piano d'azione per l'ambiente, il Parlamento ha sottolineato la necessità di applicare in maniera più rigorosa il diritto ambientale dell'Unione. Ha inoltre chiesto maggiore sicurezza per gli investimenti che sostengono la politica ambientale e sforzi volti a combattere i cambiamenti climatici, nonché che si tenga maggiormente conto delle questioni ambientali e sia garantita una migliore integrazione delle stesse nelle altre politiche.
Fonte: Europarl - Portale del Parlamento Europeo
L'azione della Regione Puglia
Il 26 e 27 giugno 2019 si è tenuta la 135a sessione plenaria del Comitato Europeo delle Regioni durante la quale, alla presenza del Parlamento europeo, del Consiglio europeo, del Consiglio, del Comitato economico e sociale europeo, del Comitato delle regioni e della Banca Europea per gli investimenti, è stato esposto dal presidente della Regione Puglia – dott. Michele Emiliano – in qualità di rapporteur (relatore) nominato dal Comitato Europeo delle Regioni, il parere dal titolo “Un pianeta pulito per tutti: visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra”. Il parere, che contiene delle precise raccomandazioni politiche, è strutturato in 49 punti suddivisi in 7 capitoli.
Con tale parere il Comitato Europeo delle Regioni propone l’adozione di misure utili a traguardare l’obiettivo “zero emissions” entro il 2050, privilegiando gli scenari più ambiziosi ed au- spicando per l’Europa un ruolo guida a livello internazionale nelle azioni per il contrasto ai cambiamenti climatici. Per il raggiungimento di tale obiettivo, mirato a contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, ma irrinunciabile per coniugare la qualità dell’ambiente, della vita e della sostenibilità dello sviluppo economico, il parere prospetta una profonda trasformazione dell’economia e della società europea lungo le seguenti direttrici: efficienza energetica degli edifici; diffusione delle energie rinnovabili ed aumento dell’elettrificazione; mobilità sostenibile, pulita, sicura e connessa; competitività industriale ed economia circolare; infrastrutture ecosostenibili e interconnessioni; bioeconomia; graduale abbandono dei combustibili fossili nei differenti settori.
Il punto di partenza per l’adozione delle misure più efficaci è la valutazione degli impatti dei diversi scenari sugli aspetti climatici, sanitari, ambientali, biodiversità, economici e sociali: è pertanto evidente che la valutazione costi/benefici dei diversi scenari proposti dalla Strategia non potrà prescindere, oltre che dai costi “ambientali”, anche da quelli “sociali”. In base agli esiti di queste valutazioni sarà poi necessario definire un quadro normativo europeo globale in linea con quanto stabilito nell’Accordo sul clima di Parigi siglato nel 2015 che intensifica i principi contenuti nella Convenzione Quadro delle Nazioni Unite (New York, 1992), rafforzando la risposta globale alla minaccia del cambiamento climatico anche attraverso lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di gas climalteranti, e in linea con quanto stabilito dalla Strategia 2050 e dagli obiettivi dell’Agenda 2030, il Programma d’Azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 a New York dai Governi dei 193 Paesi membri dell’ONU che fissa gli impegni per lo sviluppo sostenibile da realizzare entro il 2030 individuando 17 Obiettivi (SDGs ‐ Sustainable Development Goals) e 169 target.
Diventa infatti fondamentale adeguare l’apparato giuridico dell’Unione Europea agli obiettivi della Strategia per garantire l’integrazione dei criteri di sostenibilità in tutte le politiche e gli strumenti finanziari dell’UE, fornendo un ambiente stabile per gli investimenti e lo sviluppo sostenibile nei limiti ecologici del pianeta. Allo stesso modo è necessario favorire l’attuazione del predetto apparato giuridico sia in termini di norme interposte di recepimento dei regolamenti dell’UE da parte di tutti gli Stati membri sia in termini di disponibilità di risorse finanziarie e non.
Per affrontare efficacemente le componenti strategiche identificate, il parere sottende, pertanto, anche alcune importanti componenti trasversali: governance trasversale e multilivello della decarbonizzazione ed approccio integrato alle politiche pubbliche urbane e regionali; financing e supporto all’implementazione di adeguate risorse finanziarie; sviluppo e diffusione delle conoscenze e comunicazione; gestione degli impatti sociali della transizione.
Un ruolo significativo per il recepimento e l’integrazione delle strategie comunitarie è demandato ai Piani Nazionali per l’Energia e il Clima presentati dagli Stati membri: l’assunto di partenza fondamentale è che gli strumenti di pianificazione, programmazione e le strategie nazionali a lungo termine siano elaborati attraverso un dialogo multilivello ed un metodo partecipativo e siano basati sulle buone pratiche già esistenti a livello regionale e locale.
Il parere evidenzia inoltre l’importanza delle particolari vulnerabilità dei diversi territori e dei cittadini nel processo di transizione verso una società a “zero emissions”: le disuguaglianze e le disparità territoriali sono ancora molto diffuse, ma diventa importante salvaguardarle, facendo in modo di elidere le disomogeneità e le disuguaglianze, rafforzando la coesione sociale ed assicurando la stabilità sociale, economica e politica tra e negli Stati membri dell’UE.
Cruciale, quindi, anche il ruolo che devono svolgere le Regioni e gli Enti locali nell’attuazione delle politiche pubbliche sul clima e sull’energia al fine di promuovere i cambiamenti comportamentali necessari alla loro efficace implementazione garantendo l’accettazione di tali cambiamenti da parte di tutti i cittadini, sulla base di una precisa e concreta strategia di decarbonizzazione tesa a traguardare l’obiettivo “zero emissions”. A tal proposito, il parere sottolinea l’importanza di investire in campagne di educazione e sensibilizzazione alle questioni climatiche destinate ai cittadini di ogni età e, in particolare, ai giovani.
La Strategia presentata dal Comitato Europeo delle Regioni, in sostanza, contempla quale principale obiettivo la lotta ai cambiamenti climatici, integrando ed armonizzando strategie ambientali, sociali ed economiche al fine di favo- rire la transizione dell’Unione Europea verso un’economia efficiente e sostenibile, in cui l’ambiente naturale dovrà essere protetto e potenziato, unitamente alla salute ed al benessere dei cittadini.
Al fine di eliminare le emissioni di gas ad effetto serra è importante investire in un ammodernamento sostanziale degli impianti esistenti: il parere sottolinea l’importanza di favorire la decarbonizzazione ed il perseguimento dell’obiettivo “zero emissions” ed invita gli Stati membri a definire, di concerto con le Regioni, precise roadmaps per la riconversione degli impianti e delle infrastrutture che impiegano combustibili fossili e delle centrali nucleari, incentivando l’utilizzo di fonti rinnovabili (come l’idrogeno) e sulla base delle BREFs. Il parere osserva che una tariffazione adeguata delle energie fossili nel quadro del sistema di scambio delle quote di emissioni o ai fini dell’imposizione fi- scale costituisce un presupposto essen- ziale per la transizione verso le energie rinnovabili.
Si riportano di seguito i 49 punti che esplicitano le raccomandazioni politiche del Comitato Europeo delle Regioni espresse nel parere “Un pianeta pulito per tutti - Una visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climati- camente neutra”, attraverso la rappresentanza affidata dal Comitato alla Regione Puglia per il tramite del suo Presidente dott. Michele Emiliano.
1. Accoglie con favore la comunicazione “Un pianeta pulito per tutti” e sostiene l’obiettivo di raggiungere la neutralità in termini di emissioni di gas ad effetto serra (“zero emission” calcolate come emissioni nette) entro il 2050; invita la Commissione europea, per raggiungere tale obiettivo, ad elaborare una tabella di marcia ancora più ambiziosa adottando misure atte a contenere il riscaldamento globale entro 1,5oC rispetto ai livelli preindustriali, privilegiando gli scenari più ambiziosi; chiede inoltre alla Commissione di valutare l’impatto dei diversi scenari sugli aspetti climatici, sanitari, ambientali, economici e sociali, e la invita a proporre un quadro normativo globale corrispondente basato su tale valutazione e in linea con la strategia di attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite. In tale contesto, accoglie con favore anche i lavori in corso a livello Unione europea (UE) in merito al documento di riflessione sull’Europa sostenibile, compresi quelli condotti dallo stesso Comitato delle regioni, relativi alle modalità per coinvolgere gli enti locali e regionali nei processi essenziali di trasformazione.
2. Sottolinea che occorre investire in campagne di educazione e sensibilizzazione alle questioni climatiche destinate a cittadini di ogni età ma incentrate in particolare sui giovani, i quali sono sempre più preoccupati da quelli che considerano progressi troppo lenti nell’azione per il clima; osserva che gli enti locali e regionali, in cooperazione con gli istituti di istruzione e le organizzazioni della società civile, hanno un ruolo importante da svolgere nel promuovere questo impegno e nel rispondere alle aspettative dei giovani.
3. Rinnova il suo invito agli Stati membri ed alla Commissione europea a creare una piattaforma multilivello di dialogo permanente sull’energia, come stabilito nel regolamento sulla governance dell’Unione dell’energia, che consideri anche gli aspetti climatici e ambientali, per sostenere le regioni ed enti locali (EE.LL.), le organizzazioni della società civile, le imprese e altri soggetti interessati nella transizione energetica(1); dichiara in questo contesto la propria disponibilità a creare, se richiesto dalla Commissione europea, una struttura per scambi tecnici sull’attuazione del pacchetto Energia pulita a livello locale o regionale.
4. Ricorda il ruolo cruciale di regioni ed EE.LL. nell’attuazione delle politiche pubbliche sul clima e sull’energia e nel promuovere i cambiamenti com- portamentali necessari alla loro efficace implementazione garantendo l’accettazione di tali cambiamenti da parte di tutti i cittadini, sulla base di una precisa e concreta strategia di decarbonizzazione, tesa a traguardare l’obiettivo “emissioni zero”: a tal riguardo sottolinea l’azione svolta dal Patto dei sindaci per il clima e l’energia e invita la Commissione a continuare a promuovere questa iniziativa e a valorizzarne altre analoghe per rafforzare l’azione locale e ad istituire un meccanismo permanente di consulta- zione sulla base del dialogo di Talanoa(2).
5. Richiama l’attenzione sul sostegno a iniziative quali il Patto dei sindaci per il clima e l’energia che permette, attraverso un rapporto diretto tra enti locali e Commissione, di sviluppare dal basso uno specifico piano che, facendo leva sui Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima (PAESC), si indirizzi verso un piano integrato di gestione territoriale di lotta ai cambiamenti climatici in coordinamento anche con altri portatori di interesse del territorio impegnati nei Piani nazionali per l’energia ed il clima (PNEC) e nel sostegno degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS).
6. Invita la Commissione a garantire che i PNEC e le strategie nazionali a lungo termine siano armonizzati con quanto previsto dall’Accordo di Parigi, dalla strategia 2050 e dagli OSS; ritiene fondamentale che gli stessi siano elaborati attraverso un dialogo multilivello e un metodo partecipativo e siano basati sulle buone pratiche esistenti a livello regionale e locale; suggerisce altresì di ridurre il tempo previsto per il riesame periodico di tali piani e di istituziona- lizzare il sistema di contributi deter- minati al livello regionale (RDC) e al livello locale (LDC) per coniugarlo con il sistema dei contributi determinati a livello nazionale (NDC).
7. Invita la Commissione a tenere attivamente conto della particolare vulnerabilità di determinati territori come, ad esempio, le regioni ultraperiferiche e dei cittadini nel processo di transizione verso un’Europa neutra dal punto di vista climatico, per evitare un rigetto del processo di transizione; chiede inoltre di istituire un Osservatorio europeo sulla neutralità climatica per contribuire all’adempimento degli obblighi nazionali in materia di comunicazione nell’ambito della governance dell’Unione dell’energia e contribuire alla mappatura e al monitoraggio di tali vulnerabilità, unitamente a un aggiornamento delle competenze nell’ambito dell’“EU Skills Panorama”. Queste misure, tese a realizzare un’Europa climaticamente neutra, devono tenere conto del fabbisogno delle competenze a livello regionale e locale: ciò al fine di allineare lo sviluppo delle politiche di sostenibilità alla crescita delle competenze per posti di lavoro di qualità a prova di futuro nelle regioni più vulnerabili e per facilitare un efficace scambio di buone pratiche tra queste regioni, anche sulla base degli indicatori compositi esistenti ed eventuali altri da identificare.
8. Richiama l’attenzione sulle differenti caratteristiche in materia di clima, ambiente, paesaggio, mobilità e struttu- ra economico-sociale dei territori euro- pei, evidenziando l’importanza di modulare l’attuazione della strategia sulla base delle caratteristiche dei territori, geopolitiche ed economiche, superando i semplici confini amministrativi.
9. Sottolinea la necessità di garantire un approccio olistico che comprenda gli strumenti e le strategie nell’ambito delle politiche generali dell’UE in materia di OSS, coesione ed economia circolare, ma anche azioni specifiche riguardanti, ad esempio, la politica energetica, l’attenuazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento ad essi e la transizione delle regioni carbonifere.
10. Prendendo atto del ruolo chiave di regioni ed EE.LL. nell’implementazione partecipata delle politiche ener- getiche e climatiche, riconosce il ruolo esemplare delle autorità pubbliche in tutti i settori, a partire dalla gestione del patrimonio edilizio pubblico e delle società a gestione pubblica. In tal sen- so, sottolinea l’importanza dei piani per l’efficientamento energetico degli edifici pubblici, unitamente all’applicazione dei criteri del Sustainable Public Procurement (SPP) e dei sistemi di gestione energetica e ambientale, nel rispetto dei Criteri Ambientali Minimi (CAM)(3). 11. Invita la Commissione europea a continuare a promuovere l’efficienza energetica degli edifici come una priorità, al fine di ridurre le emissioni degli edifici esistenti e a garantire che le sovvenzioni pubbliche e gli strumenti finanziari consentano ai proprietari di migliorare l’effi- cienza energetica degli edifici mediante interventi di riqualificazione. Inoltre, gli investimenti e gli aiuti di Stato neces- sari dovrebbero essere classificati come costi di capitale per facilitare i margini decisionali degli enti locali e regionali. Ciò contribuisce in modo significativo all’incremento del tasso medio annuo di riqualificazione degli edifici.
12. Ricorda l’importanza di proteggere i soggetti vulnerabili dalla povertà energetica e di garantire a tutti i cittadini europei pari accesso ai servizi energetici di base. 13. Invita la Commissione a promuovere un approccio circolare in fase di progettazione, realizzazione e gestione di nuovi edifici, che dovrà essere sostenibile ovvero comprendere l’efficienza energetica e l’impiego di fonti rinnovabili, a partire dall’esempio dell’iniziativa Level(s(4). Pertanto, in una prospettiva basata sul ciclo di vita, occorre stabilire dei requisiti relativi alle prestazioni climatiche e ambientali dei materiali da costruzione e dei processi costruttivi, come pure riguardo alla documentazione sui materiali utilizzati. A tal fine è necessario continuare a investire nella normazione, nei requisiti di progettazione ecocompatibile, nelle dichiarazioni ambientali dei prodotti e nei sistemi di informazione sull’analisi del ciclo di vita.
14. È fermamente convinto che l’obiettivo del 32% di energie rinnovabili a livello dell’UE debba essere ulteriormente riconsiderato in futuro, in fun- zione dell’evoluzione delle tecnologie, in vista del raggiungimento del 40% entro il 2030 per conseguire la neutralità climatica entro il 2050, e che, in ogni caso, e regioni europee capaci di superare tale soglia debbano essere adeguatamente incentivate e sostenute.
15. Accoglie con favore l’istituzione formale delle comunità locali dell’energia nel “Clean Energy Package”(5) e invita gli Stati membri a sfruttarne il potenziale(6), evidenziando la necessità di istituire regimi di sostegno finanziario mirati, in cui venga data la priorità ai territori che presentino ostacoli come reti di energia elettrica isolate e non interconnesse alle grandi reti europee. Fa inoltre notare che, a livello locale e regionale, le imprese energetiche pubbliche e private sono attori importanti ai fini della transizione.
16. Ssottolinea l’importanza di favorire la decarbonizzazione e il perseguimento dell’obiettivo “emissioni zero” e di invitare gli Stati membri a definire, di concerto con le regioni, precise roadmap per la riconversione degli impianti e delle infrastrutture che impiegano combustibili fossili e delle centrali nucleari, incentivando l’utilizzo di fonti rinnovabili (come l’idrogeno) e di tecnologie intese alla decarbonizzazione dell’industria del gas europea, sulla base delle BREFs (Best Available Techniques Reference Document). Osserva che una tariffazione adeguata delle energie fossili nel quadro del sistema di scambio delle quote di emissioni o ai fini di un’imposizione fiscale che sia concepita in modo sostenibile sul piano sociale costituisce un presupposto essenziale per la transizione verso le energie rinnovabili. Accoglie pertanto con favore la recente comunicazione della Commissione europea sul tema “Un processo decisionale più efficiente e democratico nella politica in materia di energia e di clima dell’UE”, e ritiene che molte tra le proposte avanzate nel documento (in particolare per quanto riguarda l’elemento cruciale della tassazione dell’energia) siano essenziali ad assicurare una risposta coordinata, coerente e tempestiva alle enormi sfide che l’UE deve affrontare.
17. Ricorda il ruolo centrale di regioni ed EE.LL. nell’attuazione delle politiche di mobilità sostenibile di persone e merci, anche attraverso le attività di pianificazione urbana e territoriale fina- lizzate al riequilibrio modale, alla ridu- zione dell’uso dei veicoli a motore e alla riduzione del consumo di suolo.
18. Ribadisce la necessità di rendere climaticamente neutri i trasporti, unico settore in cui le emissioni di CO2 sono ancora superiori ai livelli del 1990(7), anche attraverso l’aumento del suppor- to finanziario e tecnico alle piattaforme europee, quali la S3P Energy(8).
19. Invita la Commissione a sbloccare finanziamenti europei destinati ad accelerare la diffusione dei punti di ricarica per i veicoli, per far sì che l’infrastruttura attuale non sia di ostacolo allo sviluppo di una mobilità pulita in tutta Europa al fine di soddisfare la domanda futura.
20. Sottolinea l’importanza di favorire e finanziare la transizione verso modalità di trasporto collettivo, condiviso, multimodale e intermodale anche attra- verso lo sviluppo di piattaforme logistiche e di piani di mobility managament a livello locale e regionale, tenendo in considerazione anche le specificità delle regioni scarsamente popolate, periferiche, ultraperiferiche e insulari.
21. Sottolinea l’importanza che i piani per la mobilità siano in linea con l’aumento della produzione e della di- stribuzione di elettricità verde e di com- bustibili rinnovabili(9), mirino all’ottenimento di zero emissioni da traffico e siano integrati con la pianificazione urbana e territoriale e, ove pertinente, con i piani di azione per l’energia soste- nibile e il clima, ricordando come tali politiche abbiano un ruolo cruciale per il miglioramento della vita e la tutela della salute dei cittadini.
22. Evidenzia la necessità di presta- re particolare attenzione alle possibili misure di decarbonizzazione nel sistema dei trasporti, promuovendo l’uso di fonti energetiche rinnovabili e di com- bustibili alternativi, e, di conseguenza, la realizzazione di infrastrutture specifiche per garantire un approvvigionamento ecologico e diversificato, in particolare tramite il rafforzamento dei gestori lo- cali delle reti di distribuzione.
23. Sottolinea l’importanza delle interazioni tra uso del suolo, mitigazione dei cambiamenti climatici e potenziale di adattamento, nonché quella di affrontare la questione dell’enorme impatto dell’agricoltura sul clima, quali elementi essenziali di qualsiasi strategia volta a conciliare il rispetto dell’Accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) con un migliore benessere ambientale, sanitario ed economico-sociale.
24. Mette in risalto il ruolo delle comunità insulari quali potenziali laboratori per le politiche di neutralità climatica ed evidenzia la necessità di misure di decarbonizzazione del trasporto marittimo, tenendo conto dei territori vulnerabili che dipendono fortemente da tale trasporto marittimo.
25. Evidenzia il ruolo del SPP nel promuovere lo sviluppo dell’economia verde e dei cambiamenti comportamentali, l’importanza di procedere rapidamente verso appalti pubblici circolari, e la rilevanza del ricorso a sistemi di gestione ambientale nel settore privato, a partire dalla piena attuazione della direttiva IED(10) e delle BREFs per ciascun settore produttivo e del sistema delle certificazioni ambientali EMAS ed ISO(11).
26. Sottolinea l’assenza nella strategia di un riferimento al settore “rifiuti”, alla gerarchia europea dei rifiuti e ai principi dell’economia circolare(12) e, pertanto, propone di introdurre misure per la rapida definizione di criteri uniformi per la cessazione della qualifica di rifiuto, con lo scopo di ridurre le operazioni di smaltimento, favorire il recupero e minimizzare le emissioni inquinanti dei processi industriali correlati. Sottolinea che i rifiuti dovrebbero essere ridotti al minimo anche grazie ai requisiti di pro- gettazione ecocompatibile dei prodotti per quanto riguarda il contenuto di sostanze chimiche e la riciclabilità nonché agli investimenti nella selezione e nel recupero di materia ed energia.
27. Ricorda l’importanza di prestare particolare attenzione alle regioni in cui si trovano industrie energivore e infrastrutture energetiche per garantire un rapido inizio della transizione, nonché una sua gestione equa e inclusiva, limitando o compensando gli impatti sociali e ambientali; sottolinea l’importanza di garantire che le autorità locali e regionali, nonché i cittadini e le Organizzazioni non governative interessate, il settore delle imprese, le università e gli istituti di ricerca siano coinvolti nella definizione delle misure di compensazione per i potenziali impatti negativi della transizione energetica.
28. Ricorda la necessità di garantire un’equa distribuzione dei costi ambientali e dei benefici sanitari, ambientali, economici e sociali per i cittadini interessati dalla realizzazione di infrastrutture energetiche e dai cambiamenti che si rendono necessari durante la transizione. In particolare sottolinea l’importanza di coinvolgere gli enti locali e regionali dei territori attraversati da infrastrutture che trattano ingenti quantitativi di energia nella definizione, insieme alle competenti autorità nazionali, di criteri per la ripartizione dei costi e dei benefici ambientali, assicurando che una quota equa delle entrate generate vada a beneficio dei cittadini più colpiti; sottolinea inoltre che tutte le politiche europee, compresa la politica commerciale dell’UE con partner non UE, devono essere allineate all’obiettivo della neutralità climatica.
29. Accoglie con favore l’aggiornamento della strategia per la bioecono- mia dell’UE(13), che sostiene lo sviluppo di sistemi di produzione che consentono la riduzione delle emissioni di gas a ef- fetto serra (GES).
30. Ricorda il ruolo cruciale delle aree verdi urbane e rurali nella lotta contro il cambiamento climatico, quali sistemi ecologici che agiscono come equivalenti naturali dei pozzi di assorbimento del carbonio con particolare attenzione alle regioni più vulnerabili comprese quelle ultraperiferiche e insulari. Per ridurre le emissioni ricorda l’importanza di migliorare la gestione dei suoli organici, di ripristinare le torbiere e le zone umide nonché il ruolo importante di tutti i sistemi agronomici e di cattura delle emissioni; sottolinea, inoltre, la neces- sità di favorire e sostenere la tutela e la corretta gestione del patrimonio forestale, così come la piena integrazione delle politiche agricole e forestali con quelle di gestione dei rischi idrogeologici e climatici.
31. Invita la Commissione europea al coinvolgimento di regioni ed EE.LL. nell’implementazione dei regolamenti sulla condivisione degli sforzi (ESR) e sull’inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di GES risultanti dall’uso del suolo, dai cambiamenti di uso del suolo e dalla silvicoltura (LULUCF)(14), fissando obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2030 e definendo iniziative realistiche per conseguirli.
32. Mette in risalto le competenze delle città e delle regioni nella raccolta dei dati necessari per realizzare l’inventario delle emissioni di GES nei settori coperti da LULUCF ed ESR, e raccomanda agli Stati membri e alla Commissione di sostenerle per promuovere le capacità di cui dispongono(15).
33. Sottolinea la necessità di sviluppare ulteriormente tutte le tecniche e tecnologie tese al recupero integrale di massa ed energia nei sistemi produttivi e di tutte le forme di compensazione ambientale delle emissioni diffuse e fuggitive, ivi inclusa l’anidride carbonica, che dovrà essere compensata con sistemi ecologici naturali e, in assenza di altre opzioni, utilizzando le tecniche di Carbon Capture and Storage (CCS); precisa tuttavia che deve essere ancora dimostrata l’efficacia e la sicurezza di tali tecnologie e che, pertanto, è necessario dare priorità assoluta agli interventi tesi a evitare la produzione di emissioni.
34. Ricorda l’importanza di garantire una sufficiente copertura finanziaria per realizzare un’economia “emissioni zero” di GES, aumentando la percentuale del PIL investito annualmente nel sistema energe- ticoenellerelativeinfrastrutture,eaccoglie con favore il Piano di azione per il finanziamento della crescita sostenibile pubblicato dalla Commissione nel 2018(16).
35. Ribadisce la necessità di incrementare almeno fino al 30% l’obiettivo di spesa del bilancio dell’UE per il clima, dando piena attuazione agli impegni assunti con l’Accordo di Parigi, prevedendo da parte dei governi nazionali finanziamenti dedicati a lungo termine(17).
36. Sottolinea che, date le importanti ripercussioni sociali che avrà prevedibilmente la transizione verso un’economia a zero emissioni di gas a effetto serra, sarà necessario prevedere la creazione di un fondo ad hoc per una transizione giusta destinato a sostenere le regioni o i settori della società che risentiranno più fortemente degli effetti a breve termine dell’abbandono dei combustibili fossili.
37. Ricorda che sono necessarie notevoli risorse finanziarie per sviluppare soluzioni innovative, anche per quel che riguarda le fonti di energia rinnovabile, e integrarle sul mercato: ritiene importante definire un approccio integrato e comune tra le autorità a tutti i livelli, al fine di collegare le diverse fonti di finanziamento e ottenere un effetto moltiplicatore, puntando a sensibilizzare in merito all’esistenza di differenti strumenti e a migliorarne l’accessibilità complessiva; sottolinea altresì la necessità di rivedere il quadro normativo dell’UE sulle energie rinnovabili e sugli aiuti di Stato per renderlo non solo vantaggioso ma spingere verso lo sviluppo di nuove tecnologie a zero emissioni in relazione ai benefici climatici e alla sostenibilità. Occorre, a esempio, adeguare la direttiva in materia di tassazione dell’energia e le norme sugli aiuti di Stato al fine di ridurre le imposte sull’energia rinnovabile, per renderla competitiva rispetto all’energia fossile.
38. Evidenzia che gli investimenti per infrastrutture ecosostenibili risultano essere estremamente remunerativi nel lungo periodo in quanto sono in grado di determinare un forte incremento sia del PIL che dei tassi di occupazione. Inoltre rileva che tali investimenti conducono a risparmi economici permettendo di consumare meno energia e ridurre le importazioni di combustibili fossili.
39. Ribadisce l’importanza di prevedere norme snelle, chiare e uniformi per gli appalti pubblici e per le procedure giuridiche tese a favorire gli investimenti(18), e accoglie con favore l’ambizione della Commissione nella semplificazione delle norme per il periodo di programmazione 2021-2027 e l’unificazione del regolamento per il FESR ed il FSC (19).
40. Ricorda l’importanza di rendere la neutralità climatica, la sostenibilità ambientale e l’adattamento ai cambiamenti climatici componenti trasversali a tutti i fondi e programmi di finanziamento che dovrebbero includere obiettivi dell’economia climaticamente neutra da raggiungere attraverso la definizione di specifici indicatori, e accoglie con favore l’iniziativa Greening the European semester (20) (“L’ecologizzazione del semestre europeo”) chiedendo ulteriori sforzi in tal senso; in tale contesto, propone altre- sì di includere indicatori legati al clima nel quadro della relazione della Com- missione sul meccanismo di allerta.
41. Suggerisce che le valutazioni d’impatto ex ante delle proposte legislative dell’UE siano accompagnate da una valutazione dell’impatto climatico e da una valutazione del loro contributo agli obiettivi dell’Accordo di Parigi(21); chiede inoltre di prevedere un’appropriata valutazione d’impatto dei fondi europei destinati ai settori e alle regioni interessati dalla transizione energetica per assicurare che supportino efficacemente il processo.
42. Sottolinea l’importanza dei tassi alti di cofinanziamento dell’UE, al fine di garantire l’accesso anche ai piccoli EE.LL. e regionali, evidenziando la necessità di definire specifiche metodologie e indicatori che tengano conto degli obiettivi dell’economia climaticamente neutra per la valutazione dei progetti da sottoporre a finanziamento.
43. Mette in risalto il ruolo del settore assicurativo nel far fronte alle perdite e ai danni per rafforzare la resilienza a livello locale.
44. Accoglie con favore il riferimento ai risparmi attesi nel settore della sanità quale conseguenza delle politiche in materia di clima e ambiente, invitando la Commissione a esaminare ulteriormente la possibilità di quantificare questi risparmi individuando specifici indicatori anche con il coinvolgimento dell’OMS(22); a tale proposito, ricorda l’esperienza maturata da una struttura come la rete “Città sane” dell’OMS e chiede maggiori sforzi per creare sinergie tra queste iniziative e quelle incentrate sulla transizione energetica e i cambiamenti climatici nelle città.
45. Condivide gli obiettivi del Piano d’azione sulla finanza sostenibile a favore della crescita sostenibile e la volontà di consentire al settore finanziario e agli investitori privati di svolgere il loro ruolo nella realizzazione di obiettivi ambiziosi e comuni in materia di clima e sostenibilità ambientale; riconosce che per mobilitare capitali privati occorrono una pianificazione a lungo termine e la stabilità normativa a livello dell’UE e nazionale, ma anche in ambito locale e regionale.
46. Sottolinea l’importanza di disporre di un solido quadro di finanziamento delle attività di ricerca e nel campo delle tecnologie volte alla neutralità climati- ca e accoglie con favore l’istituzione del fondo per l’innovazione, auspicando una rapida approvazione del regolamento attuativo(23), istituendo “zone franche della conoscenza”, in cui realizzare importanti sgravi fiscali.
47. Mette in evidenza che per regioni ed EE.LL. è importante disporre di un quadro integrato coerente e gestibile degli obblighi e delle migliori tecniche disponibili attraverso un portale che riporti le Best available techniques (BAT) di ogni settore, i progetti Horizon 2020 e le iniziative del Patto dei sindaci.
48. Accoglie con favore l’ambizioso obiettivo dell’UE di promuovere l’adozione di politiche e azioni a livello mondiale per invertire la traiettoria attuale non sostenibile delle emissioni e invita le istituzioni e gli Stati membri dell’UE ad un coinvolgimento stabile, duraturo e coerente di regioni ed EE.LL. nell’at- tuazione dell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile(24), nonché dell’Accordo di Parigi, anche mediante l’inclusione del Comitato europeo delle regioni nei lavori preparatori della COP25, al fine di garantire che la posizione dell’UE nei negoziati sia sostenuta da tutti i livelli di governo.
49. Chiede che a un proprio rappresentante possa essere riconosciuto il ruolo di osservatore in tutti i lavori preparatori degli organi dell’UNFCCC, al fine di garantire che le esigenze degli EE.LL. e delle regioni, così come le loro potenzialità di contribuire con misure concrete, siano debitamente considerate e di fornire i propri contributi alla valutazione aperta, inclusiva e trasparente del lavoro collettivo svolto nell’ambito del bilancio globale.
Un Pianeta pulito per tutti (parte III)
Conclusioni
Da diversi anni gli istituti di ricerca di tutto il mondo e gli organismi scientifici internazionali preposti, come l’IPPC, ipotizzano scenari di sviluppo più o meno rapidi rispetto ai cambiamenti climatici già in atto, segnatamente in riferimento all’aumento significativo della temperatura globale ed alla variazione della piovosità sia in termini di quantità media annua che in termini di distribuzione e frequenza temporale nell’arco dell’anno, con un generale aumento delle piogge brevi ed intense.
Gli scenari a scala regionale applicati al bacino del Mar Mediterraneo, seppur con diversificazioni di carattere geografico legate soprattutto all’orografia del territorio, tendono a convergere verso un progressivo incremento delle temperature medie, in particolare nelle stagioni calde, un aumento delle probabilità di occorrenza delle ondate di calore e del numero di notti tropicali ed una riduzione, seppure meno netta, della piovosità nelle stagioni calde, confermando un generale incremento delle precipitazioni di carattere temporalesco (ISPRA, 2015)(25).
È, pertanto, ormai innegabile che i cambiamenti climatici stiano determi- nando effetti globali e locali molto significativi sull’ambiente, sugli ecosistemi, sulla salute, sulla sicurezza e sul benessere dell’umanità, e più in generale sulla vita sociale e produttiva del Paese, con una proiezione futura sempre più allarmante.
Le informazioni sul clima futuro prodotte dai modelli, insieme a quelle che derivano dall’analisi delle osservazioni e dalla stima delle tendenze in corso, sono e continueranno ad essere di fondamentale importanza per la stima degli impatti e delle vulnerabilità ai cambiamenti climatici e per la definizione delle strategie e l’implementazione dei Piani di adattamento (ISPRA, 2015)(25).
Sappiamo, infatti, che diversi settori socio‐economici e naturali subiranno un notevole impatto in relazione ai cambiamenti climatici e che si renderà necessario un adattamento da parte dell’intera umanità se non proprio un cambio radicale di regole, comportamenti anche in relazione alla produzione di beni e servizi.
Secondo il redigendo Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC)(26), che, a breve, dovrebbe essere varato dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare, l’Europa meridionale e l’area mediterranea nei prossimi decenni dovranno fronteggiare gli impatti più significativi dei cambiamenti climatici e saranno fra le aree più vulnerabili del pianeta. Gli effetti del cambiamento climatico avranno pesanti ripercussioni sulle risorse idriche necessarie per il consumo umano, agricolo‐zootecnico ed industriale, sia in termini quantitativi che qualitativi; sugli habitat degli ambienti marini, con una elevata mortalità di organismi bentonici e l’ingresso di specie non indigene; sul ciclo idrologico delle acque interne, con uno scadimento dello stato ecologico di fiumi, di laghi e lagune; sulle zone costiere, dove si risentirà in particolare dell’innalzamento del livello del mare, dell’aumento delle mareggiate e della variazione dei regimi di falda in conseguenza di una modifica dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata; sulle aree montane, collinari e di pianura per l’aumento del dissesto geo‐idrologico; sugli ecosistemi terrestri, particolarmente influenzati dall’aumento delle temperature medie e dall’intensificarsi di fenomeni metereologici estremi; sui settori produttivi direttamente collegati alla selvicoltura, all’agricoltura, alla zootecnia e alla pesca; sul settore del turismo, soprattutto per il turismo balneare e per quello montano; sul patrimonio culturale in progressivo degrado per effetto dell’aumento di eventi meteorologici estremi; sul settore dell’energia con l’aumento dei consumi energetici soprattutto in conseguenza di un aumento della frequenza e della intensità delle ondate di calore; sul settore della salute, in relazione al pesante aumento delle temperature e al notevole scadimento della qualità dell’aria, con un incremento delle patologie correlate ed un aggravio sull’impatto delle malattie infettive; sugli insediamenti urbani e insediamenti industriali.
Se consideriamo che già nel 1988 con la “World conference on the changing atmosphere implications of global security” furono avanzate solide ipotesi sulla circostanza che, attraverso l’emissione di gas ad effetto serra in atmosfera, l’umanità stava conducendo “un incontrollato e peri- coloso esperimento globale” e che nel 1990 fu pubblicato il primo rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Intergovernmental Pannel on Climate Change,IPCC), che evidenziava come le attività umane stessero sostanzialmente aumentando la concentrazione atmosferica dei gas ad effetto serra interferendo con il naturale effetto serra presente nell’atmosfera, ci rediamo conto di quanto tempo sia già statosprecato senza intraprendere misure concrete per la lotta ai cambiamenti climatici.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), che dal 2010 redige annualmente l’“Emission gap report”, il documento che indica la differenza tra gli impegni climatici di riduzione delle emissioni presi dalle Nazioni e la situazione attuale, le politiche adottate fino ad ora per la riduzione di gas climalteranti sono del tutto inadeguate a contenere il cambiamento in atto ed a colmare il divario tra il livello delle emissioni previste per il 2030 ed i livelli corrispondenti all’obiettivo di mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5° C. Di questo passo, difficilmente si riuscirà a raggiungere tale ambizioso obiettivo; anzi alcune stime indicano che la probabilità di aumento della temperatura di ben 2°C sarebbe addirittura superiore al 97%.
L’edizione 2019 dell’“Emission gap report”(27) sostiene che, anche se gli attuali impegni previsti dall’Accordo di Parigi venisserorispettati,è previsto un aumento delle temperature globali di 3,2°C, con impatti climatici ancora più ampi e distruttivi. Per raggiungere l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C, l’azione della comunità internazionale deve essere più incisiva.
Il parere “Un pianeta pulito per tutti ‐ Una visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra”, approvato dal Comitato Europeo delle Regioni a fine giugno 2019, attraverso la rappresentanza della Regione Puglia, pone l’accento sulla necessità di un maggiore impegno in ambito europeo, non solo in termini di adattamento ma anche di contrasto ai cambiamenti climatici, privilegiandogliscenaripiùambiziosidi crescita sostenibile, ribadendo l’impegno dell’Europa a guidare l’azione internazionale per il clima nonché a delineare una transizione verso un’economia a basse emissioni di CO al fine di raggiungere l’obiettivo “zero emissions” entro il 2050 e contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Si è inteso, dunque, non solo ricordare gli impegni già assunti ma ampliarli ed elevarli nell’interesse delle popolazioni locali.
Ai fini della piena attuazione degli obiettivi individuati dalla Strategia proposta sarà, tuttavia, necessario: adeguare l’apparato giuridico dell’Unione garantendo l’integrazione dei criteri di sostenibilità in tutte le politiche e gli strumenti finanziari dell’UE; favorire il recepimento e l’integrazione delle strategie comunitarie da parte degli Stati membri attraverso un dialogo multilivello ed un metodo partecipativo, valorizzando e promuovendo anche le buone pratiche esistenti a livello regionale e locale; mettere in atto politiche e campagne di comunicazione ed educazione atte a promuovere i cambiamenti comportamentali necessari a contrastare il riscaldamento globale, garantendo l’accettazione di tali cambiamenti da parte di tutti i cittadini, adottare ed attuare una strategia di decarbonizzazione nei differenti settori e servizi, tesa a traguardare l’obiettivo “zero emissions”.
Il presente articolo è stato interamente pubblicato sulla rivista:
Geologia dell'Ambiente - Supplemento al n.2/2020
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